Memorie delle prime lezioni di chitarra classica: un tributo all’assurdo

person holding brown guitar outdoor Desidero raccontare qualche dettaglio della mia disastrosa esperienza con il mio primo maestro di chitarra classica. Penso che molte considerazioni possano essere utilti ai neofiti per evitare situazioni imbarazzanti e spreco di tempo e denaro.

Prima di tutto, devo premettere che ho avuto la fortuna di studiare con diversi maestri, molti dei quali erano dei veri didatti (oltre che degli artisti), e ho imparato moltissimo da alcuni consigli che in apparenza sembravano superflui. Quindi è bene non arrivare troppo presto alle conclusioni, ma saper sempre valutare criticamente ogni situazione e prendere tempestivamente le decisioni più appropriate.

Quando mi recai dal mio primo maestro, la mia conoscenza tecnica non era di certo notevole. Avevo studiato i fondamenti, le scale, gli arpeggi, e molte composizioni didattiche di Sor, Giuliani, Carcassi, Diabelli, etc. Tuttavia, il mio suono era imperfetto (non che adesso lo sia in senso assoluto!) e davanti a me avevo una lunga strada da percorrere. Per questo motivo, conoscendo di nome un maestro di chitarra, decisi di rivolgermi a lui.

Ancora ricordo la tensione emotiva quando iniziai a suonare qualche piccolo studio che avevo in repertorio e ammetto senza ritrosie che il risultato fu decisamente scadente. Commisi vari errori e mi bloccai spesso in preda all’ansia. Il maestro passava da una richiesta all’altra con noncuranza, quasi come se già considerasse inutile il mio “esame”.

Dopo circa mezz’ora, senza spiegazioni e con pochissimi commenti, mi disse che dovevo tagliarmi le unghie, perchè, secondo lui, prima bisognava imparare il movimento e poi usare le unghie. Ribadisco che le mie imperfezioni erano palesi, ma io mi sarei aspettato un approccio più costruttivo, mirato a correggere gli errori e portarmi sulla strada corretta.

Al contrario, egli pensò bene di annullare ogni mio sforzo precedente e ricominciare come se non avessi mai tenuto in mano una chitarra. Prima di continuare, vorrei dire che, il dibattito tra Sor e Aguado sull’uso delle unghie è concluso da molto più di un secolo e ormai quasi nessun chitarrista preferisce l’uso solo dei polpastrelli. Fermo restando ciò, non mi è mai capitato di trovare un metodo per chitarra in cui si invitavano gli studenti a iniziare senza unghie “per imparare il movimento”, così come, suppongo, non esista corso di violino, in cui gli allievi iniziano a usare un archetto senza crine.

Trovo questa scelta sbagliata e controproducente e, dirò di più, il maestro non solo dovrebbe far usare le unghie immediatamente, ma anche sensibilizzare pian piano l’allievo sui diversi tocchi (includendo anche parte del polpastrello), in modo da renderlo quanto prima consapevole delle diverse possibilità che egli dovrà sviluppare.

La prima settimana mi assegnò un singolo esercizio. Dovevo suonare con indice e medio (senza unghie, tagliate quasi con le lacrime agli occhi dopo essere tornato a casa) le corde a vuoto ad una velocità di 20 bpm (ovvero a battiti alternati di metronomo impostato al minimo di 40 bpm). Basta la matematica elementare per capire che un dito pulsava ogni tre secondi! Dove vagasse la mente in quegli intervalli è un mistero, ma di certo era impossibile parlare di concentrazione.

Ancora una volta desidero fare una precisazione. Studiare lentamente è molto importante. Ma è molto più importante definire in modo più esatto cosa voglia dire l’avverbio “lentamente”. Dato che si tratta di un’indicazione puramente qualitativa, senza ulteriori precisazioni, può essere interpretata soggettivamente nel modo più sbagliato.

Non ha alcun senso rallentare sino quasi a poter bere un caffè tra una nota e la successiva, così come, è deleterio persistere a una velocità eccessiva che non permette un controllo completo delle azioni. La regola empirica dovrebbe essere “studiare a una velocità che permette di controllare i movimenti rispettando la qualità del suono, l’articolazione e l’impostazione di entrambe le mani e, infine, di evitare distrazioni”.

Una velocità troppo bassa è generalmente inutile e fa sì che i pensieri vaghino liberamente quando, invece, dovrebbero essere focalizzati sul controllo muscolare. In più, la persistenza ad oltranza a una velocità bassa, non permette di sviluppare i muscoli, di aumentare l’elasticità dei tendini e di migliorare la coordinazione motoria. Il “trucco” è quello di aumentare progressivamente, ogniqualvolta ci si accorge che non si commettono più errori a una certa velocità.

Va da sè che il mio maestro la pensava diversamente e, la secondo settimana (anche a causa dell’ingenuità dovuta alla mia giovane età) mi fece ripetere lo stesso esercizio alternando indice e anulare. La terza toccò al medio e anulare e, dopo quasi un mese, quando stavo iniziando a odiare la chitarra, mi fece finalmente usare anche il pollice!

Completamente svogliato, intrapresi, dopo altro tempo, lo studio della scala cromatica, passando l’intera lezione a correggere le più impercettibili imperfezioni di impostazione. Ricordo benissimo un episodio che, per la prima volta, mi fece innervosire al punto da reagire con fermezza. Mi era stato detto di poggiare l’avambraccio destro in un punto del bordo della chitarra e di suonare (a 40 bpm) la scala cromatica in prima posizione. Dato che il punto d’appoggio era troppo verso il manico, la mia spalla destra tendeva a sollevarsi per fare arrivare la mano sulle corde.

Ogni volta che accadeva, sentivo il suo fastidiossimo rimprovero: “La spalla è tesa!” A quel punto, come è normale, abbassavo la spalla, facendo ovviamente scivolare un pò l’avambraccio verso l’esterno. Con un pò di fantasia potete immaginare la reazione del maestro: immediatamente mi correggeva chiedendomi di avvicinare l’avambraccio. Questo ridicolo scambio avvenne per un paio di volte, dopo le quali io sbottai dicendogli che era impossibile fare entrambe le cose contemporaneamente! Lo zittii, almeno per quel giorno.

Continuai le lezioni per un altro paio di mesi, ascoltando discorsi pedanti e noiosi e subendo correzioni al limite del ridicolo. Tanto per citarne una, ricordo che una volta, involontariamente, iniziai a suonare un brevissimo studio a 42 bpm invece che a 40 bpm. Tanto per precisare, a 40 bpm, ogni battito avviene dopo 1.5 secondi, mente a 42 bpm, dopo circa 1.428 secondi! Non metto in dubbio che tale discrepanza, sebbene nell’ordine dei centesimi di secondo, potrebbe creare delle sfasature in un’orchestra, ma in quel caso io suonavo da solista! La differenza di difficoltà è praticamente trascurabile, ma il suo rimprovero fu perentorio: “Prima lo studi una settimana a 40 e poi passi a 42”.

Insomma, sopportai quella situazione fin troppo a lungo, prima di decidermi (anche se un pò a malincuore date le mie aspettative) ad abbandonarlo e trovare una soluzione migliore. Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e adesso mi pento perfino di non aver smesso prima. L’unico lato positivo è che quella sovrabbondanza di assurdità mi ha permesso di sviluppare un forte senso critico, “dote” che mi ha risparmiato perdite di tempo in varie occasioni.

Con ciò, termino il mio breve viaggio nel passato, sperando che, se qualche neofita, legge questo articolo, possa trarre qualche conclusione costruttiva. Il tempo è prezioso e non andrebbe mai sprecato. Quando ci si rende conto che qualcosa non funziona, è nostro dovere indagare e pretendere tutte le dovute spiegazioni. A meno che non vi troviate di fronte ad un didatta di fama indiscussa, accettare supinamente ciò che ritenete sbagliato e pedante, è un errore imperdonabile. Pretendente sempre risposte adeguate e convincenti, non lasciatevi convincere da frasi come “Si deve fare così”. Chiedete sempre il perchè. E, se non ottenete una risposta valida, iniziate a pensare che di fronte a voi non c’è un vero maestro, ma piuttosto una persona che applica schemi “prefabbricati”, senza nessun adattamento alle situazioni specifiche.

Suonate! Imparate e studiate! La chitarra classica è uno strumento meraviglioso che, come tutti gli altri, non cerca elite, ma pretendo solo costanza, pazienza e impegno. In cambio, vi donerà piacere e soddisfazione in abbondanza e senza limiti!


Foto di  Brandon Wilson


Se ti piace l’articolo, puoi sempre fare una donazione per supportare la mia attività. Basta un caffè!


Share this post on:
FacebookTwitterPinterestEmail

Articoli correlati