Preghiera dell’ultimo uomo

Crocifissione del "Corpus Hypercubus" di Salvador Dalì
Crocifissione del “Corpus Hypercubus” di Salvador Dalì (disponibile anche come stampa)

Un uomo era appeso ad una croce romana.

I chiodi, piantati al centro dei polsi, gli avevano fatto perdere molto sangue e le gambe, già indebolite dai digiuni e dalle percosse, iniziavano a cedergli. Prima di giungere al suo estremo momento, quando la voce non avrebbe più trovato aria da mandare fuori, pronunciò queste strane parole:

“Padre mio, non perdonare costoro. Non farlo, Padre Mio! Non perdonare come si perdona ai cani!

Questa gente è responsabile solo di un’ingenua colpa che io ho voluto. Ho goduto delle loro frustate, dei loro sputi, dello scherno, della morte. Di fronte a loro non c’era un criminale, ma un uomo che derise l’umanità facendosi suo oggetto, ancor più delle bestie che, in questo luogo desolato, cercano ignare qualche filo d’erba.

Non perdonarli Padre Mio!

Costoro si ergono sempre in piedi, e chi è in ginocchio, lo è perché ha gambe più avvizzite delle mie. Costoro non meritano una punizione tanto orrenda: il perdono dell’indifferenza. In me hanno cercato un uomo da amare, un vero re, ma hanno trovato solo chi si è fatto calpestare come la più vile delle bestie.

Sono stato io, Padre Mio, a volerli adesso qui, di fronte a me, a vedere quanto dolore ho voluto destinargli in questo luogo di morte e di squallore. Amare è ciò che l’uomo non potrà mai afferrare e io, fatto del tuo stesso spirito, adesso uomo come loro, lo capisco nella sua crudezza e sento la devastazione che pervade le mie ossa.

Io ho odiato i miei carnefici e così li ho fissati quali uomini, quali esseri che mi stavano trattando così come io ho disposto che facessero.

Ma leggevo nei loro volti il disappunto. Piantare quei chiodi, Padre Mio, è sgradevole più del fiele che mi offrirono. Ma è colpa mia, solo mia, se essi non furono sottratti a tale ingrato compito. Il mio voler essere amato li ha spinti contro il muro, ha inchiodato loro prim’ancora di me!

E non sia gloria per i pochi che mi difesero!

Costoro, peggior nemici dei miei aguzzini, si fecero oggetti affinché io ne governassi le carni e i cuori: dicevano di amarmi loro stessi più d’ogni altra cosa e, così facendo, si umiliarono e continuano anche adesso a farlo senza posa, mentre il loro amico muore, soffocando su una croce.

Che differenza esiste, Padre Mio, tra quei tronchi rinsecchiti che costeggiano il vialetto e costoro che piangono come cani bastonati? Gli occhi dei carnefici erano vivi invece!

Soffrivano, è vero, ma restavano profondi e cupi come l’abisso del mare e, nel compiere quel gesto infame, orrendo al loro stesso insano piacere, essi fecero solo la mia volontà e mi amarono davvero, sottraendo loro stessi alla possibilità d’essere a loro a volta amati.

Perché amare, Padre Mio, è il peggior cruccio dell’umanità, la più amara piaga che all’uomo sia stata inflitta! Non perdonarli, dunque. Faresti loro un torto ben peggior della sorte che in vita gli è toccata.

Trattali da gente che resta in piedi di fronte a me. Trattali da dei, come Me e Te.

Trattali, Padre Mio, da uomini!”.

Detto ciò, le gambe gli vennero spezzate da un colpo di maglio e il condannato, senza emettere alcun altro suono, morì.


Considerazioni sulla filosofia di Nietzsche nei riguardi del superamento di Dio

Friedrich Nietzsche (1844 – 1900), il famoso filosofo tedesco, ha approfondito il concetto di Dio e ha sottolineato la necessità di superare questa nozione nella sua opera. Vedeva l’idea di Dio come un costrutto sociale che impediva agli individui di realizzare il loro vero potenziale. Nietzsche credeva che la fede in un potere superiore portasse alla soppressione dell’autonomia e della creatività umana.

Secondo Nietzsche, il concetto di Dio favoriva una mentalità passiva, poiché le persone facevano affidamento sull’intervento divino piuttosto che prendere il controllo della propria vita. Sosteneva che questa dipendenza indeboliva gli individui, impedendo loro di abbracciare pienamente il proprio potere personale e raggiungere l’autorealizzazione. Nietzsche considerava questa dipendenza da Dio come una forma di evasione, che consente agli individui di sottrarsi alla responsabilità della propria esistenza.

Ritratto di Nietzsche (1844 - 1900)
Ritratto di Friedrich Nietzsche (1844 – 1900), il filosofo che, più di tutti, ha desiderato la piena emancipazione dell’uomo in quanto tale.

Per superare il concetto di Dio, Nietzsche propose l’idea dell'”Ubermensch” o dell'”Oltreuomo” (non “Superuomo” come si è comunemente portati a pensare). L’Ubermensch rappresentava un individuo che trascendeva i valori tradizionali e superava i limiti imposti dalla società. Questa figura abbraccerebbe la propria volontà di potere e creerebbe il proprio significato nella vita, piuttosto che fare affidamento su autorità esterne.

Secondo Nietzsche la necessità di superare il concetto di Dio era cruciale per il progresso umano. Rifiutando l’idea di un essere divino, gli individui potevano rivendicare la propria autonomia e plasmare il proprio destino. Le idee di Nietzsche sfidarono le credenze religiose consolidate del suo tempo, innescando un intenso dibattito e influenzando il successivo discorso filosofico. I suoi pensieri continuano a risuonare con le persone che cercano di liberarsi dai vincoli del pensiero religioso tradizionale e di abbracciare un percorso più autodeterminato.


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