Leggendo altri contenuti da me pubblicati, avrete sicuramente capito che il monito dantesco fatto pronunciare ad un Ulisse abbandonato all’Inferno è quanto di più sublime la poesia abbia donato alla ricerca della vera e unica conoscenza (perlomeno insieme al celeberrimo anatema luciferino lanciato da Milton nel Paradiso Perduto).
Una conoscenza che non può denotarsi in qualsiasi altro modo al di fuori della sorte che, seppur palesemente intrisa di un’ortodossia cristiano-cattolica senza precedenti, ne dipinge in modo mirabile i tratti salienti. Così come infatti fa anche notare Stanislao de Guaita, l’effetto “materializzante” di Circe si manifesta nella trasformazione in maiali dei compagni di Ulisse (incapaci, esotericamente parlando, di avvicinarsi alla vera conoscenza) ma non quest’ultimo, un uomo che salverà l’intera ciurma ma si auto-condannerà in eterno per causa dello spirito scintillante di divinità che ne pervaso ogni azione.
Un incontro toccante tra le fiamme dell’inferno
Dante incontra Ulisse e si blocca; la ferma condanna che, solo nel caso Paolo e Francesca pare vacillare ancora una volta, viene sostituita da un’ammirazione per un modello che, in fondo, egli stesso aveva deciso di imitare quando, ancora in vita, “decise” di intraprendere un viaggio in un luogo destinati ai puri spiriti.
Ma perchè c’è così tanta enfasi sulla negatività della conoscenza? Nell’Eden della Genesi, l’albero con questo attributo è piantato a nord e sembra condividere le radici (o le basi, le origini, a seconda del punto di vista) con quello della vita. Esso esiste, è accessibile, chiunque potrebbe strapparne i frutti, ma il Dio che vuole l’uomo, l’Adam immagine del suo modello “prototipale” Qadmon, non desidera che questi veda nell’immagine e somiglianza (attributi in fondo così bizzarri, viste le conseguenze) con Esso, un motivo per spingersi anche nella direzione della conoscenza ultima. Ma, forse perchè un Dio che crea un microcosmo completo non ha più il potere di limitare ciò che di fatto è intriso del suo stesso spirito, o forse anche perchè, “vanesio” e memore delle gesta ribelli del suo più bell’arcangelo, il Padre si “beffa” dell’Adam.
Sa che l’uomo è destinato a ri-deificarsi, a percorrere verticalmente la perpendicolare che dall’origine conduce verso l’infinito (ovunque esso sia) ma non può permettere che ciò accada in modo indolore. Queste creature, superiori agli angeli, dovranno essere incastrate nella materialità, ingabbiate, come diceva Sartre, nella condanna di una libertà che solo il superamento dello stato attuale (con il pieno raggiungimento del dominio astrale di Yetzirah) potrebbe risolvere ridonando “normalità” a quello che sembra essere il ripetersi quotidiano di una perenne Odissea.
Conclusioni: la vera identità dell’Ulisse dantesco
Chi è dunque Ulisse? Egli è l’uomo che, con una lanterna in mano, cerca nella notte, temerario, senza paura nè delle ombre, nè degli ululati che echeggiano in lontananza. Egli è colui che desidera vivere solo per sentire il mondo materiale disfarsi (in senso esoterico e metaforico) sotto ai suoi piedi mentre, animato dal potere risanante della gnosi completa, si eleva pian piano verso luoghi ove l’Inferno è conosciuto come la fossa ove gli schiavi “rispettosi della loro ignoranza” fanno girare la ruota della vita.
Suggerisco alcune edizioni dell’Inferno dantesco (anche illustrate)
- Franco Nembrini, da anni, tiene per tutta l’Italia un ciclo di lezioni su Dante e la Commedia
- Alla fine di uno di questi incontri, a Roma, Nembrini è stato avvicinato da un ragazzo che gli ha detto che le sue parole gli avevano cambiato la vita
- Questo ragazzo era Gabriele Dell’Otto, uno dei più importanti disegnatori del mondo, artista di punta delle due grandi casi editrici americane di supereroi, Marvel e DC
- È nato così un progetto che è anche un sogno
- Rivestire la Divina Commedia per portarla al grande pubblico, nel millennio che è appena iniziato
- Iniziato con ogni probabilità nel 1306-07, l'Inferno è la prima delle tre cantiche che compongono la Commedia dantesca
- In questi trentaquattro canti il poeta racconta l'inizio del suo viaggio ultraterreno, a partire dallo smarrimento nella "selva oscura", dove incontra il poeta latino Virgilio che sarà sua guida, giù giù per i diversi gironi, fino all'orrenda visione di Lucifero e quindi alla faticosa risalita "a riveder le stelle"
- Un itinerario nell'animo umano lungo il quale Dante incontra decine di indimenticabili personaggi, alle cui tristi vicende egli sa guardare con fermo giudizio ma anche con una suprema pietas che è forse il maggior segno del suo profondo atteggiamento di estrema modernità
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